Woyzeck
Ricavato dal vuoto

“L’uomo è un abisso, ti gira la testa a guardarci dentro”.

Capolavoro incompiuto, Woyzeck è ancora oggi un testo di culto.
La scrittura di Büchner trova forza in una spiazzante conoscenza dell’animo umano, nelle sue bizzarrie scientifiche, nel disequilibrio violento tra libero arbitrio e disagio mentale che fanno di quest’opera un dramma attualissimo, che non si limita ad indagare il fascino dell’assurdo, l’ingiustizia della violenza o l’oppressione del militarismo, né vinti né vincitori in questa tragedia da Cronaca Vera.

Costruito come un organismo brulicante di situazioni, una scena-processo in continuo movimento, dove l’uomo viene messo davanti alla propria miseria, risponde come una bestia, e l’istinto della purezza schiaccia il controllo della ragione, così l’umanità torna alle origini dalle quali, forse, non si è mai allontanata troppo.

Per questo la tentazione di attualizzarlo è forte, rischiosa.
Così abbiamo pensato ad un nuovo Woyzeck oggi, con tutte le sue debolezze e precarietà. La traduzione di Alessandro Berti, durante le prove è stata mangiata, rimescolata, spezzata o riassunta per andare a costruire una drammaturgia a stazioni, una via crucis dove le parole, con la loro portata visionaria, si fanno spazio in una densità scenica comunitaria, dentro un’azione puntuale e profonda, patteggiando con l’urgenza dei corpi che si fanno personaggi.

Disequilibrio fisico e dell’intenzione.
La parola agguanta i corpi, li penetra, li scava, li indaga fino a spogliarli dal pensiero, un limite sottile e vulnerabile sul precipizio dell’azione che si affanna in un respiro irregolare, scivola sordo in un vuoto silenzioso.

La colonna sonora è originale, voce e corpo propulsori di ogni riverbero emotivo. Ritmica e incalzante è la partitura musicale composta da Mauro Montalbetti che ha come punto di partenza una ricerca vocale per un personaggio solo, un prologo primitivo e contemporaneo che evoca il mondo interiore dilaniato, allucinato, di quell’intera comunità, che racconta dell’uomo e della bestia.

La drammaturgia musicale è articolata in una complessa e rigorosa struttura formale, un pianoforte in scena che orchestra l’azione e contrappone atmosfere rarefatte, cangianti a gesti sonori violenti ed incisivi.

Un impianto scenico essenziale, modificato dagli attori. Otto piccole sedie, inadeguate, immobili, quasi invisibili trattengono l’azione, ne sono partenza e  arrivo, trattengono il pensiero che si perde in una doccia di latte, in un mare disordinato di cereali. Corpi vicini all’affogare insieme, inesorabilmente condannati alla propria miseria, uguali e colpevoli. Terribilmente simili a qualcosa in cui riconoscersi.

La rivoluzione è nell’azione.

di Georg Buchner

nuova traduzione
Alessandro Berti

con
Maurizio Camilli, Andrea Capaldi, Andrea Coppone, Francesco Gabrielli, Raffaele Gangale, Filippo Gessi, Michela Lucenti, Carlo Massari, Gianluca Pezzino, Emanuela Serra

musiche originali
Mauro Montalbetti 

luci
Stefano Mazzanti

ideazione, scrittura fisica e messa in scena
Michela Lucenti

produzione
Fondazione Teatro Due – Balletto Civile