NELL' AERE - Inferno #5

BALLETTO CIVILE NELL’AERE / INFERNO#5

Amare e i suoi Demoni.

L’amore e’ un angelo travestito da desiderio.
Patti Smith

Leggendo il V Canto dell’Inferno Dantesco.
All’inizio non capiamo, i corpi sono così veloci che non riusciamo ad afferrarli.
Scivolano via dalle prese, il loro peso sembra non esserci. Dinamica.
Tutto si muove e non si può fermare, si muove anche la luce, vediamo solo ombre che sgusciano.
Poi questi stormi si spostano nello spazio, sono uomini e donne che corrono veloci, le loro traiettorie sono imprevedibili talvolta all’unisono e poi per tangenza destinate a ricongiungersi per poi allontanarsi ancora. Qualcuno viene abbandonato nello spazio nudo, per raccontare un frammento della passione che ora sconta, correndo, ancora e ancora. Il gesto come drammaturgia di una storia, di un ricordo. Partiture violente per aver desiderato, paradosso per una tempesta senza sosta. E tornati bambini é l’impulso che detta l’azione.
Registriamo dei vissuti e il nostro andare deve essere empatico per chi guarda, non distante, non poetico, ma attivo, partecipante, emotivo; noi tutti siamo essere fragili, persi, desiderosi di fonderci nell’Altro, fosse l’ultima cosa al mondo. E questo sappiamo tutti che cosa significa.
La pena che racconteremo sarà struggente e condivisa, leggera come la decisione veloce dell’innamoramento, intima, invasiva, furiosa come una corsa di notte e lacrimosa come il vento di un traghetto.
Noi abbiamo fame dell’Altro, lo desideriamo per testimoniare che esistiamo, non importa il cadere continuo, l’inciampo. Non è per gli Amanti la rassegnazione alla fine.

L’ossessione creativa di Balletto Civile è l’Altro. Questa volta la nostra indagine sarà l’Altro in amore, la libertà di scegliere, il perdersi nell’Altro come possibilità di vita vera, a costo di finire all’Inferno.
Indossare un abito ci renderà l’anima gemella di qualcuno, toglierlo e indossarne un altro ci renderà la vittima o il carnefice.

Ci facciamo strada tra le Grandi Storie d’Amore davanti alle quali ci sentiamo inadatti, inferiori, basiti.
Le interpretiamo fino a che qualcosa non ci tocca nel profondo e ci spinge a proseguire, di testa nostra, contro la tradizione scritta. Disobbedendo, come solo chi ama sa fare.
Proviamo ad incastrarci con un altro corpo per rivivere un ricordo, per sentire un odore simile a quello che ci ha fatto perdere la testa. Siamo inopportuni, troppo vicini, troppo spogliati, non c’è possibilità di isolarsi.
Gli altri sono presenti ed entrano brutalmente nella nostra partitura, cambiano la nostra direzione, ci impediscono di proseguire.
Minosse siamo noi che sappiamo quale cerchio ci spetta, ma ritardiamo il momento della consapevolezza e restiamo ancora, seminudi in controluce, incapaci di abbandonare gli altri.
Il nostro inferno è una moltitudine di storie che si intrecciano senza tregua.
Amare ci rende eroi o vili? Coraggiosi o codardi? Ci trasforma in lupi?
Cosa ci spinge a cercare un’anima affine alla nostra? Ne vale la pena?

Questo capolavoro che è il V Canto è l’unica vera cosa in comune che abbiamo e lo usiamo, come una mappa per capire come muoverci, decisi a non perderci.
Il più drammatico dei Canti della Divina Commedia. Il più erotico. Il più controverso.
E il più famoso. Il Canto col trucco, quello che sembra facile, ma non lo è.

Alcuni dei suoi versi, tra i più noti di Dante, sono diventati aforismi quotidiani, popolari.
Ci appassioniamo a questa lettura come fosse una rubrica settimanale di confidenze sentimentali.
Amori clandestini tra cognati finiti male come nella peggiore provincia Italiana.
Chi avrà amato chi, e perchè?
Il nostro amare non è cortese ma ferino e invadente. Istintivo.
Come quello di Dante, lussurioso stilnovista che dichiara la sua intima appartenenza all’Inferno.
Sui corpi potremo vedere la forza invisibile quanto implacabile di una bufera inarrestabile.
Forse solo i corpi potranno restituire quello che secoli di esegesi e intepretazioni non sono riusciti a fare. E noi seduti comodi sulla nostra poltrona, ci riconosceremo in quei corpi trasgressori?
Saremo indulgenti e comprensivi con quei corpi, come lo fu Dante?

uno spettacolo di
Michela Lucenti e Maurizio Camilli

drammaturgia
Carlo Galiero

impianto scenico
Emanuele Conte

coreografie
Michela Lucenti

luci
Stefano Mazzanti

musiche originali ed elaborazioni musicali
Mario Pagotto

assistente alla regia
Ambra Chiarello

con Ensemble Fisico Balletto Civile:
Michela Lucenti, Fabio Bergaglio, Maurizio Camilli, Francesco Gabrielli, Alessandro Pallecchi, Stefano Pettenella, Flippo Porro, Emanuela Serra, Paolo Rosini, Giulia Spattini, Chiara Taviani, Natalia Vallebona, Simone Zambellli

con
Mitteleuropea Orchestra
direttore Nicola Valentini

produzione
Balletto Civile, Mitteleuropa Orchestra e Mittelfest2017

ph Jacopo Benassi

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